Ai fini dell’accertamento lmu, le sole delibere comunali non bastano per ricavare il valore venale dell’area edificabile. Occorre tener conto, infatti, di tutti gli elementi indicati dall’articolo 5, comma quinto, del decreto legislativo 504/92 tra cui gli oneri di adattamento del terreno, la destinazione d’uso consentita ed i prezzi medi di mercato riferibili a terreni con analoghe caratteristiche. Così il giudice deve verificare che l’indice presuntivo del valore della base imponibile stabilito dai regolamenti e delibere comunali corrisponda ai criteri legali.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 27737 del 3 ottobre 2023, con cui ha accolto il ricorso della società immobiliare avverso l’avviso di accertamento relativo all’imposta sugli immobili emesso dalla concessionaria per conto del Comune.
Ai fini della determinazione del valore venale dell’area edificabile, i criteri previsti dall’articolo 5, comma quinto, del decreto legislativo 504/92 sono criteri tassativi cui il giudice non può esimersi dal verificarne la corrispondenza.
Occorre quindi avere riguardo per le aree fabbricabili: alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche (cfr. Cass. 8614/2021 e 13567/2017).
Pertanto, i giudici d’appello hanno errato nel basare la loro valutazione sulla misura contemplata dai regolamenti e delibere comunali, quale «presunzione di edificabilità e di capacità contributiva», non commisurandosi specificamente ai vari indici valutativi normativi previsti e limitandosi a menzionare una perizia tecnica comunale con cui erano stati genericamente determinati valori di mercato molto più alti di quelli indicati dalla parte «per gli effetti automatici della variante» avviata negli anni precedenti.
Nel caso in esame, dunque, la pronuncia difetta di una dettagliata motivazione circa la determinazione del valore venale dell’area. Sul punto si ricorda la recente pronuncia 26978/2023, con cui la Cassazione ha precisato che poiché il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione-annullamento bensi tra quelli di impugnazione-merito, il giudice tributario, nel rideterminare il valore di aree edificabili ai fini dell’imposta sugli immobili, rispetto alla stima fattane negli atti impositivi impugnati, deve procedere ad un proprio giudizio estimatorio, sulla base degli elementi provati e comunque non controversi, indicando, in base ai parametri normativi di riferimento, le effettive potenzialità edificatorie delle aree in oggetto e valutando le incidenze dei vincoli alle stesse afferenti, comportando, altrimenti, la sua decisione, un sostanziale esonero dell’amministrazione dall’onere probatorio su di essa incombente (cfr. Cass. 21695/2017 e 11853/2017 sull’incidenza dei vincoli e destinazioni urbanistiche sul valore, dell’area edificabile).